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Nuovo Museo della Forma Urbis a Roma: l'esposizione della gigantesca mappa marmorea del III secolo

Cattura l'essenza della Città Eterna attraverso i secoli di cambiamenti cartografici e scopri il legame tra passato e presente nella sua straordinaria topografia

Museo Forma Urbis: Settimio Severo e la prima mappa della Roma antica

26 Aprile 2024

Come Osservare l'Arte

Il nuovo Museo della Forma Urbis con la mappa marmore della Roma Imperiale

Nel cuore di Roma, accanto al Colosseo, si erge un nuovo gioiello culturale destinato a incantare e ispirare gli appassionati di storia e archeologia: il Museo della Forma Urbis. In questo affascinante museo situato sul colle Celio, i visitatori possono immergersi nelle profondità del passato, esplorando la Città Eterna attraverso l'antica mappa marmorea nota come “Forma Urbis”. Ma questo non è solo un museo dedicato alla Roma antica; è anche un punto di partenza per comprendere la città moderna attraverso le lenti della storia e della topografia.

Infatti la mappa realizzata da Giovanni Battista Nolli nel XVIII secolo, fa da base per il pavimento su cui sono appoggiati i frammenti marmorei della Forma Urbis. Su di esse si può camminare, confrontando facilmente la mappa di Roma, ricostruita dal Nolli, con i frammenti certi della piantina della Forma Urbis. L’esposizione è ben curata, offrendo al visitatore una prospettiva unica sulla storia e sull'evoluzione di Roma, dalle sue origini antiche fino ai giorni nostri. Se sei interessato a scoprire questo magnifico Museo parti con noi nel tour di Roma Antica attraverso la Forma Urbis, un'esperienza imperdibile che non puoi perderti.

La Forma Urbis Severiana: l’incredibile pianta di Roma voluta da Settimio Severo

Prima di esplorare in dettaglio la storia e l'importanza della Forma Urbis, è fondamentale comprendere cosa rappresenti e come si integri nel panorama culturale e storico di Roma antica. La forma Urbis è uno dei più rari documenti giunto a noi dall’antichità, che restituisce una visione unica del paesaggio urbano della Roma imperiale. Si componeva di circa 150 lastre rettangolari di marmo, di dimensioni variabili, disposte su undici file a formare, nella sua integrità, una superficie di 18x13m circa dove erano rappresentati circa 13.550.000 m2 di città. 

Le lastre erano il rivestimento di una parete esterna di una delle sale dell’imponente Tempio della Pace. Il fatto che l'ambiente immediatamente adiacente sia stato riutilizzato nel VI secolo per la Basilica dei Santi Cosma e Damiano ha permesso la conservazione della parete su cui erano applicate. Sulla parete originale su cui doveva essere affissa la Forma sono tuttora visibili i fori utilizzati per le grappe di fissaggio della pianta. La Forma Urbis fu voluta dall’Imperatore Settimio Severo ed è databile tra il 203 e il 211 d.C. Infatti  la pianta sarebbe posteriore al 203 perché su di essa è possibile riconoscere il Settizonio, la facciata monumentale di un ninfeo voluto dall’imperatore e costruito in quella data, e anteriore al 211, anno della morte di Settimio Severo, il quale viene citato come regnante insieme al figlio maggiore Caracalla.

Infatti, su di un’'iscrizione incisa su un gruppo di frammenti si legge: SEVERI ET [AN]TONINI AV[GG] NN […], ossia "di Severo e Antonino, nostri augusti". La mancanza del nome dell’'altro figlio di Settimio Severo, Geta, assunto al trono nel 209, fa propendere per una datazione anteriore a tale data e potrebbe essere l’indizio di un delitto. Geta infatti fu fatto imperatore alla morte di Settimio Severo insieme al fratello Caracalla. Tuttavia nel 211 Geta fu accusato di aver voluto prendere il potere e uccidere Caracalla e per questo fu dichiarato nemico dello Stato, ucciso da un gruppo di centurioni e condannato alla damnatio memoriae, la cancellazione del suo ricordo.

La pianta è orientata, diversamente dagli usi moderni, con il sud-est in alto non a Nord come per noi è consueto. Probabilmente l'attuale Monte Cavo, la cima più alta dei colli Albani, l'odierna zona dei castelli romani, fu utilizzato per eseguire i rilevamenti topografici della pianta. Sulla pianta vi erano rappresentati, attraverso una moltitudine di sottili incisioni dipinte successivamente di rosso, tutti gli edifici di Roma, pubblici o meno, rappresentati prevalentemente al livello del suolo con convenzioni grafiche generalmente di comprensione immediata. Con una scala media di circa 1:240, la Forma Urbis consente una rappresentazione in pianta  estremamente dettagliata della Roma Antica, permettendoci di distinguere perfino i singoli vani all'interno degli edifici. Le dimensioni di alcuni monumenti erano però riportate in scala maggiore, probabilmente perché fossero ben visibili anche da lontano e svolgessero funzione prevalentemente orientativa e celebrativa.  

L'enigmatica funzione di una mappa gigantesca

Quanto detto finora ci porta alla grande domanda che si cela dietro la realizzazione di questa antica mappa: quale era la sua funzione? Quale fosse la finalità dell’immensa planimetria è tutt’ora oggetto di discussione. Prevale l’idea di una relazione con la biblioteca del Foro della Pace e si ipotizza la presenza di un ufficio amministrativo connesso con la Prefettura Urbana, l’istituzione che proprio con una riforma di Settimio Severo vide definiti anche territorialmente i termini della propria sfera d’influenza. Che la pianta stessa abbia avuto una funzione pratica è tuttavia improbabile, considerando la posizione, la difficile leggibilità e la generale assenza di dettagli

Ma come potevano essere visti i dettagli di una raffigurazione che si sviluppava per oltre 18 metri di altezza, cioè come un palazzo di quattro piani? Non solo: l’osservatore antico che si fosse trovato ad osservare la mappa dal basso aveva prima di tutto davanti agli occhi una fascia di marmi colorati alta 4 metri, da cui poi partiva la mappa. Doveva essere quindi difficilissimo leggere le didascalie e impossibile comprendere i dettagli delle planimetrie, specialmente delle parti più alte. Così, ad esempio, doveva essere a malapena rintracciabile sulla mappa  un monumento imponente come il Septizodium, che segnava l’ingresso nella Roma severiana collocato sulla mappa nella quartultima fila di lastre in alto. Prevale oggi l’idea che la pianta marmorea rendesse una visione generale della città, per cui l’osservatore avrebbe potuto apprezzarne la grandezza e individuare, anche grazie all’uso del colore, i contorni dei grandi monumenti, come il Circo Massimo e il Colosseo.

Insomma una funzione di propaganda, di celebrazione del potere e di conoscenze tecniche piuttosto che una funzione pratica.

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